“La storia dei miei denti”
di Valeria Luiselli

Aste allegoriche di vite iperboliche

di / 29 maggio 2017

Fin dal titolo, La storia dei miei denti di Valeria Luiselli (laNuovafrontiera, 2016) promette, senza deludere, di essere un libro originale nella trama, innovativo nella struttura, allegro nei toni.

È la storia di Gustavo Sánchez Sánchez, detto Autostrada, nato con quattro denti prematuri e con un padre nullafacente che passa il tempo sul divano a strapparsi a morsi le unghie delle mani, lanciate con noncuranza sui quaderni del figlio, abitudine da cui nasce la passione di quest’ultimo per le collezioni e l’ossessione per i denti. Autostrada cresce come un tipo discreto ma dalle inusitate e indispensabili capacità: saper interpretare i biscotti della fortuna cinesi, imitare Janis Joplin dopo aver bevuto rum e cola, far stare dritto sul tavolo un uovo di gallina. Lavora come semplice guardiano di fabbrica e poi come responsabile del benessere degli impiegati, colleziona corsi di formazione; finché si imbatte inaspettatamente in un articolo di giornale che cambierà il suo futuro rendendolo un banditore d’asta. Il migliore del mondo.

Grazie alla nuova carriera Gustavo arriva a risolvere il problema che lo accompagna fin dalla nascita: a un’improbabile asta durante un karaoke notturno riesce ad aggiudicarsi la dentatura appartenuta a Marylin Monroe per sostituirla felicemente alla sua: «Finita l’operazione, per molti mesi non riuscii a smettere di sorridere. Mostravo a tutti quanti la mezzaluna del mio nuovo sorriso e, quando passavo davanti a uno specchio o a una vetrina che rifletteva la mia immagine, mi levavo il cappello facendo un inchino galante e mi sorridevo da solo. Il mio corpo magro e sgraziato, così come la mia vita un po’ vuota, ci aveva guadagnato in disinvoltura grazie a quei nuovi denti. La mia fortuna non aveva eguali, la mia vita era una poesia, ed ero sicuro che un giorno qualcuno avrebbe scritto il bellissimo racconto della mia autobiografia dentale».

La terza opera della scrittrice messicana – quest’anno finalista al Premio Gregor von Rezzori-Città di Firenze – nasce su commissione dei curatori di una mostra che si sarebbe tenuta nella Galleria Jumex di Ecatepec, che custodisce un’importante collezione d’arte contemporanea grazie al finanziamento della omonima fabbrica di succhi di frutta. Al posto del tradizionale catalogo artistico, Luiselli inizia a scrivere una sorta di romanzo a puntate per gli operai della fabbrica, che organizzano un gruppo di lettura per discuterne e raccontarsi. Il risultato di quelle riunioni settimanali diventa materiale che consente all’autrice di costruire le puntate successive della storia fino a giungere al romanzo completo traendo ispirazione dagli aneddoti e dai commenti degli operai, senza mai perdere di vista l’idea alla base della mostra: la presenza – o l’assenza – di ponti tra la vita della galleria e il contesto popolare in cui è incastrata.

La storia dei miei denti corre in bilico sul doppio filo della sfrontatezza e della malinconia, alterna invenzioni esilaranti a citazioni sagge e surreali a bruschi risvegli nella realtà che ne fanno sospettare la distorsione e l’esagerazione compiuta, semplicemente vissuta, dal grande banditore.

L’insignificante quotidianità di Autostrada è popolata di grandi nomi – inconsapevoli antagonisti scagliati anonimamente in una vita che non gli appartiene (suo vicino di casa di infanzia è Julio Cortázar; il primo lavoretto glielo affida l’edicolante Rubén Darío) – e di precetti e aforismi provenienti da illustri ascendenti come gli zii Euripides López Sánchez e Marcello Sánchez-Proust, utilissimi e consolatori in ogni situazione.

In un continuo alternarsi di realistico e fantastico, Autostrada arriva a tenere la sua vendita più importante, basata sul metodo da lui stesso elaborato: l’asta iperbolica. Ogni lotto è costituito da un dente e ogni dente è appartenuto a qualcuno: entrambi hanno una storia dietro ed è la storia che rende l’oggetto, in sé privo di valore, importante, pregiato, desiderato, irresistibile.

Il dente piatto di Platone ci fa sospettare che il filosofo parlasse e mangiasse senza sosta; la lunghezza del canino del Petrarca ce lo fa apparire come un tipo collerico, brillante, dedito al piacere; il dente tormentato della signora Virginia Woolf ci ricorda il sorriso illuminante elargito solo dopo la morte e quello malinconico ci Borges ci restituisce l’immagine del poeta che «parlava adagio, come se cercasse aggettivi nell’oscurità».

In un crescendo di stordimento «causato dall’atmosfera quasi tossica di un’asta di tale successo», si susseguono gli omaggi sorridenti ai grandi maestri della letteratura sudamericana e non solo, fino ad arrivare alla paradossale offerta di se stesso e della propria dentatura, alla consapevolezza della perfetta coincidenza tra le storie dei due elementi.

 

(Valeria Luiselli, La storia dei miei denti, trad. Elisa Tramontin, LaNuovafrontiera, pp. 185, euro 16,50)
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LA CRITICA

L’autobiografia improbabile del più grande banditore d’asta del mondo, un’esilarante alterazione della realtà, l’importanza delle sole storie dietro gli oggetti.

VOTO

7/10

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