“Suburra” di Stefano Sollima

Ritratto lucido e spietato di un Paese in mano alla criminalità

di / 13 ottobre 2015

Vedere un film come Suburra fa male. Vederlo se vivi a Roma fa ancora più male. Vederlo il giorno dopo le dimissioni del sindaco può essere devastante. Suburra, il nuovo film di Stefano Sollima, già passato al cinema con A.C.A.B. ma noto e apprezzato soprattutto per i lavori televisivi su Romanzo criminale Gomorra, mostra in una sintesi di fantasia di due ore abbondanti tutto quello che di marcio e storto è successo e succede al potere italiano e capitolino, anticipando, trasformando e raccontando fatti veri e verosimili.

Siamo nel 2011, è il 5 novembre. Nei suoi appartamenti il papa annuncia al suo segretario la volontà di dimettersi dal soglio di Pietro (Ratzinger ha rimesso il mandato nel 2013, ma siamo lì). Segue una settimana di fatti che preannunciano l’Apocalisse. Il litorale romano sta per essere trasformato in una Las Vegas di sale giochi, alberghi e ristoranti. Ovviamente dietro il progetto ci sono una serie di interessi loschi che uniscono con un unico filo politica, malavita e impresa e che sono retti da Samurai, quello che è di fatto il re di Roma, eminenza grigia con un passato di banda della Magliana che regge nelle sue mani tutti gli equilibri, comprese le intemperanze di Numero 8, giovane boss di Ostia che non sa come ci si comporti a un livello più alto di delinquenza ma fa sempre comodo per la parte violenta. Un parlamentare della maggioranza, con croce celtica dorata al collo, in una notte in cui la moglie lo sa immerso nei lavori di commissione, combina un casino con una prostituta minorenne. Sarà la miccia che farà esplodere il mondo sommerso di Roma, mettendo a rischio gli affari di Samurai e tirando in ballo la famiglia zingara degli Anacleti e Sebastiano, un organizzatore di feste che non sa niente del mondo criminale.

Rispetto al romanzo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini da cui è tratto, Suburra cambia un po’ di cose. Mancano i riferimenti al passato, agli anni Settanta e alla banda della Magliana con i personaggi inventati da De Cataldo, e manca soprattutto il bravo carabiniere che sa fare il suo mestiere che metta insieme tutti gli elementi e ricostruisca la trama criminale. Nel film, la legge, la giustizia, l’autorità superiore, non esistono. Esistono solo gli uomini che sono coinvolti, esiste solo il livello più basso della costruzione della Suburra, con una legge e un codice che non sono le stesse del mondo normale, quello che vive le conseguenze degli accordi presi al buio. Non c’è un buono che arrivi a risolvere tutto, non c’è una morale che punisce. Non c’è Dio, col papa che si arrende prima ancora che tutto abbia inizio, non c’è Cesare, con il presidente del consiglio che si dimette lasciando il Paese nell’indeterminatezza (era il 12 novembre 2011 quando Silvio Berlusconi rassegnò le sue dimissioni. È il 12 novembre 2011 quando nel film si consuma l’Apocalisse preconizzata). Nella Roma di oggi non c’è neanche il sindaco, ma questo non potevano prevederlo neanche Bonini e De Cataldo, né Sollima con Rulli e Petraglia che hanno sceneggiato il film.

Non c’era neanche Mafia Capitale quando è stato scritto il libro, e in teoria non c’era neanche mentre veniva girato il film. Eppure è tutto così simile, tutto così vicino a quello che si legge ogni giorno sui giornali che sembra di essere davanti alla cronaca piuttosto che alla fantasia. Suburra, però, non limita il suo valore alla capacità di sintetizzare e trasformare la realtà. È un film teso e inquietante, filmato dal basso, in una Roma che non si vede se non per i suoi aspetti più lontani dalla grandezza e dalla meraviglia. È una città schiacciata dall’alto, dalla pioggia che cade senza fermarsi per una settimana, dai passi pesanti di chi la calpesta, dalle ruote degli scooter e dei suv, dal piscio della politica arrogante e impunibile.

Stefano Sollima, responsabile con De Cataldo di grande parte del filone criminale che negli ultimi anni ha popolato il cinema e la televisione italiani unendo politica e azione, ha realizzato il suo film migliore – finora – e il migliore del genere, quello che più riesce a mostrare la verità attraverso la finzione. Lo aiutano gli interpreti, Elio Germano, Pierfrancesco Favino, Claudio Amendola che quando si ricorda di essere un attore fa sempre una bella figura, Adamo Dionisi che ha imparato la lingua sinti per fare Manfredi Anacleti. Il problema comune di questo tipo di cinema, però, è l’estetizzazione del male. Suburra riesce ad aggirarlo quasi sempre, scivola solo su Numero 8 e sulla sua compagna tossica, belli e dannati, troppo belli e dannati, con soprattutto Greta Scarano che finisce per avere un ruolo sproporzionato nella in tutta la vicenda. Alessandro Borghi torna a fare il criminale di Ostia a poca distanza da Non essere cattivo. Nel film di Caligari il suo Vittorio, privo di alcun tipo di dimensione titanica, aveva tutto un altro realismo.

A livello di “storia” del cinema è interessante sottolineare come Suburra sia il primo film prodotto con il contributo del network digitale Netflix, pronto a sbarcare in Italia il prossimo 22 ottobre, che si occuperà di distribuire in streaming il film negli Stati Uniti e in Europa e che ha già trovato l’accordo con Sollima per produrre una serie tv dal film per il 2017.

(Suburra, di Stefano Sollima, 2015, thriller, 130’)

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LA CRITICA

La finzione anticipa la realtà, la trasforma e la mostra per quello che è. Suburra raccoglie tutti gli scandali che hanno colpito la Capitale e il Paese negli ultimi anni e li fa vedere allo spettatore per quello che sono.

VOTO

8/10

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