“Spectre”
di Sam Mendes

Dopo Skyfall il ritorno di un Bond più classico

di / 3 novembre 2015

Da più parti, Skyfall è ritenuto il più grande film della saga di James Bond mai realizzato. Lo dice un dato oggettivo – gli incassi, i più alti per un film di 007, superiori al miliardo di dollari nel mondo –, lo dicono una serie di commenti che si soffermano sugli aspetti nuovi introdotti dalla regia di Sam Mendes: il maggior dettaglio psicologico, la fragilità, il passato, un cattivo capace di tenere testa a Bond sotto ogni aspetto.

Sin dal 2006 con Casino Royale di Martin Campbell sembrava chiaro che la linea scelta per il reboot del nuovo millennio della serie dell’agente segreto più famoso al mondo portasse in una direzione nuova. C’era già un indizio evidente nell’attore chiamato a interpretare Bond, il biondo con occhio di ghiaccio Daniel Craig, più freddo e muscolare di tutti i predecessori. Da subito poi sono stati inseriti elementi personali che hanno arricchito di nuove sfumature il personaggio, su tutti l’amata e scomparsa Vesper. Skyfall aveva portato tutte le novità al massimo livello. Qualcuno tra i più appassionati, però, non era soddisfatto. Skyfall andava bene per un pubblico più ampio, non per lo zoccolo duro dei bondiani della prima ora, quelli che vogliono meno riflessione e più azione, meno cinismo e più ironia, quelli che non possono vedere Bond con la birra in mano, solo col famigerato vodka martini. In qualche modo, è un discorso simile a quello che è stato fatto per i due Star Trek di JJ. Abrams, che sono piaciuti molto di più ai non appassionati che ai fedelissimi delle serie classiche.

Spectre, il ventiquattresimo film della storia di James Bond, arriva a rimettere a posto l’asticella del bondismo. La grandezza cinematografica di Skyfall è lontana, lo stile è più vicino al classico. Si dice che né Daniel Craig (anche tra i produttori del film) né Sam Mendes fossero interessati a realizzare un nuovo film, che questo Spectre potrebbe essere l’ultimo per entrambi, che si stia già cercando un nuovo  Bond e tutta una serie di cose. Per ora siamo ancora nel campo delle pure ipotesi. Quello che è certo è che questo ventiquattresimo film (re)introduce l’organizzazione criminale nemica di Bond (la Spectre del titolo) dei film storici della serie, lasciando intendere possibili sviluppi.

Con ordine, dopo la morte di M (quella di Judi Dench), James Bond è in missione in Messico. Missione non autorizzata ufficialmente, perché l’agente 007 sta seguendo le ultime volontà del suo ex capo che in un video messaggio postumo lo ha incaricato di indagare su una misteriosa organizzazione criminale. A Città del Messico c’è una sparatoria, un’esplosione e una fuga in elicottero che costano a Bond una sospensione ordinata dal nuovo M (quello di Ralph Fiennes) che nel frattempo è alle prese con l’ambiziosa riorganizzazione del programma 00 voluta da C, uomo vicino al ministro dell’interno che vuole sostituire le classiche spie con sistemi di controllo tecnologici. Bond, ovviamente, porta avanti la sua indagine anche senza l’autorizzazione di M e gira per il mondo tra Italia, Austria e Marocco per seguire le tracce dell’organizzazione.

Spectre inizia con una sequenza da storia del cinema che strizza l’occhio a Birdman, con camera incollata alla schiena di Bond in un lungo piano attraverso il Dia de los muertos a Città del Messico che dà subito l’idea del movimento e della frenesia a cui dovremo abituarci per il resto del film. A seguire ci sono l’inseguimento in macchina in giro per Roma di cui qui in Italia si è parlato tanto, un momento strano in cui Bond insegue delle jeep in aereo sulle alpi austriache, un po’ di distruzione sparsa per Londra.

Sul piano dell’azione e dello spettacolo, Spectre non manca di fare il suo dovere. È divertente, emozionante, rumoroso ed esagerato come devono essere questo genere di film. James Bond sfodera tutto il repertorio di seduzione su un pugno di donne che mette insieme Monica Bellucci, Lea Seydoux e la solita vittima Moneypenny, sfoggia completi impeccabili anche nelle situazioni più disperate, beve senza mai perdere il controllo, e tutto quello che ci si aspetta da un film di 007.

Il punto è proprio qui: Spectre si limita a fare quello che ci si aspetta da un film di James Bond e niente di più. Skyfall è lontano e si torna indietro, a Casino Royale del 2006, comunque al di sopra del deludente Quantum of Solace del 2008. Il livello, per il genere azione, è comunque molto alto, perfettamente in linea con il Bond del nuovo millennio, quello che rinuncia alle ingenuità del periodo classico e sa anche essere cupo e duro, quando serve, che sa andare a costruire un passato per l’agente segreto e riempirlo di sfaccettature.

Probabilmente, avere ancora gli occhi pieni Skyfall non può che influenzare nella visione di questo Spectre decisamente più ordinario del suo predecessore, ma non è solo questo. In questo Bond 24 manca qualcosa che tenga unita la trama, che sia la suspense o la sorpresa. Tutto va esattamente come ci si aspetta che vada, senza troppi sussulti. È curioso come alla proiezione stampa ci fosse un cartello che invitava i giornalisti a non rivelare troppo della trama per non rovinare la visione agli spettatori. Come se in Spectre ci fosse qualcosa di inaspettato che, invece, si fa fatica a trovare.

(Spectre, di Sam Mendes, 2015, azione, 150’)

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LA CRITICA

Era difficile replicare la grandezza di Skyfall, probabilmente il miglior film della storia di James Bond. Sam Mendes non ci prova neanche e punta deciso su un James Bond più ancorato alla tradizione. Non manca tutto il fascino dei momenti migliori della serie, ma non c’è quel tocco in più di grandezza che aveva fatto la differenza.

VOTO

6,5/10

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