“La copia infedele”
di Stefano Trinchero

Calcio, mistero e giornalismo in una Torino post-industriale

di / 4 marzo 2016

La copia infedele Stefano Trinchero

È l’ambientazione il punto di forza di La copia infedele, settimo titolo della collana B-Polar di 66hand2nd dedicata al noir e romanzo d’esordio di Stefano Trinchero, classe 1979 da Vercelli. Un’ambientazione che pone una Torino a un passo dalla rovina al centro di una trama di truffe assicurative, fallimenti umani e vari gradi di solitudini.

Guido Riberto è un giornalista sportivo che ha perso da molto tempo lo stimolo e la voglia per far bene il suo lavoro. Beve più di quello che dovrebbe quando non dovrebbe, risponde male al capo, litiga con i colleghi. Nel suo angolo di disincantata sicurezza ha il compito di seguire la Lungodoriana (non esiste nella realtà), la terza squadra calcistica di Torino che galleggia in Prima Divisione, lontana anni luce dalle glorie e dai trionfi delle sue concittadine. La misteriosa morte di Gonzalo Malagutti, il talentuoso e svogliato centravanti argentino della squadra, costringe Riberto a trasformare la sua routine di pagelle e cronache della domenica in un’indagine da giornalista di nera. Forse non si tratta solo di un semplice incidente.

«Uno cammina alle quattro di notte in una strada buia, attraversa un incrocio senza guardare e una macchina lo investe. Batte la testa e finisce in rianimazione. La macchina scappa. Fine della notizia». Questo è quello che sembra a Riberto. Eppure, in quella traversa deserta di via Vercelli in cui Malagutti è stato tirato sotto da una macchina, sembra essere successo qualcosa di più. Niente è quello che sembra al primo sguardo.

Riberto stesso si ritrova a fare un mestiere che non è il suo. Non è un investigatore. Non è neanche un cronista di nera, è una «penna pagata per scrivere i risultati delle partite, mica per dare la caccia alle macchine pirata». È proprio nell’indagine, però, che ritrova un gusto ormai perso per la ricerca delle notizie, per un lavoro sulla strada, la consapevolezza di poter essere un se stesso diverso da quella versione cinica e spenta  che è diventato con gli anni.

Al suo primo romanzo, Stefano Trinchero è riuscito a creare una storia tesa e carica di una malinconia inquinata di disperazione, in cui continua a risuonare, però, tra le righe un’ironia carica di disillusione.

Il suo è un noir senza polizia, che punta forte sull’ambiente e sui suoi riflessi sui personaggi. Torino, in una veste decadente, di fabbriche chiuse, di periferie, di verità nascoste, è personaggio tra i personaggi. Sulle strade della città si muovono uomini senza un futuro, varie forme di rassegnata disperazione, di miseria. Riberto non è solo, con la sua bottiglia. Con lui ci sono l’ispettore assicurativo Dominici, carico di una consapevolezza metafisica che ne aumenta ancora di più il senso di solitudine, il collega burbero Pasquotto, calciatori falliti, medici pronti a falsificare reperti. Nessuno è realizzato, ognuno è la copia infedele della vita che immaginava di avere. E poi ci sono i misteri e l’ipocrisia dell’alta società torinese, che nasconde e protegge i propri figli, anche quelli ripudiati, in nome di un potere insolente e viziato.

Una menzione speciale merita la splendida copertina in bianco e nero di Gianluigi Toccafondo che introduce, prima ancora di aprire il libro, le atmosfere livide e suburbane in cui si perdono le vite di Malaguti, Riberto e Dominici.

 

(Stefano Trinchero, La copia infedele, 66thand2dn, 2016, pp. 202, euro 17)

 

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LA CRITICA

Stefano Trinchero, all’esordio, fa muovere i suoi personaggi senza speranza tra fabbriche abbandonate nella geografia sperduta di una Torino disincantata e spenta. La copia infedele è un noir senza polizia che punta tutto sul rapporto tra città e personaggo.

VOTO

7/10

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