Bugo ai tempi della notorietà televisiva

A proposito del nuovo album del Beck italiano

di / 19 febbraio 2020

Immaginarsi Bugo a Domenica In, mentre chiacchiera con Mara Venier e circondato da opinionisti di ogni genere pronti a dire “Eh, hai fatto bene”, “Eh, hai fatto male”, è una cosa che somiglia più a una realtà parallela scritta dagli sceneggiatori di Boris che a qualcosa di realmente possibile. Invece è tutto vero. Quello che è successo negli ultimi dieci giorni è un enorme cortocircuito che ha a che fare con il vecchio indie, il trash televisivo e il nuovo e mal interpretato indie. Il fatto è che, comunque, questa querelle ha portato alla ribalta un borderline come Bugo (non per meriti artistici, a meno che non pensiamo alla scenetta con Morgan come una stramba performance). E proprio in questo periodo, casualità, esce il suo nuovo album, Cristian Bugatti, che poi è anche il suo vero nome.

Bugo per la maggior parte dei telespettatori è stato il classico artista da “E questo chi è?” la prima volta che è salito sul palco. Ma non per colpa di una presunta ignoranza da parte di un pubblico che la narrazione vuole forzatamente ignorante (oramai, poi, Sanremo è seguito con morbosità da tantissima gente, anche da chi non si definisce il tipico ascoltatore di sanremo. Puro intrattenimento e  iper-commentabilità a colpi di hashtag su twitter, facebook etc ne fanno un prodotto simile a Game of Thrones). Bugo è stato sempre ai margini, ha sempre fatto parte di quella che una volta poteva essere una scena indie. Quel crogiolarsi naïf nella propria nicchietta, disagio, gasarsi per essere capiti da una manciata di ascoltatori. Un’epoca pre social, assurdo pensarlo ora. Le cose oggi sono cambiate e inevitabilmente è cambiato anche Bugo.

(Anche se le carriera e la tipologia di artista sono diverse, la stessa cosa si poteva dire di Diodato. In pochi lo conoscevano, ma il brano che ha deciso di portare a Sanremo, “Fai rumore”, è una perfetta scelta conservatrice del Festival, adeguata ai tempi, e infatti ha vinto).

Quindi Bugo in questi giorni è uscito con un nuovo album e il contrasto con Morgan non gli ha potuto che fare bene, almeno se parliamo di visibilità (“Sincero” è stato il video più visto di più in Italia nelle prime 24 ore su youtube). Questa è già una cosa folle, se pensiamo al personaggio con cui abbiamo a che fare.

Bugo, che per chi scrive ha portato la miglior canzone a quest’ultima edizione del Festival, ha sbagliato. Se l’intento fosse stato quello di vincere Sanremo, ma i dubbi rimangono, ha palesemente sbagliato. All’interno di Cristian Bugatti ci sono almeno un paio di canzoni che avrebbe potuto portare, “Un alieno” e “Fuori dal mondo” (le trombe iniziali potrebbero addirittura essere le trombe della nuova sigla di Sanremo).

Perché “Sincero” è un pezzo solo superficialmente semplice. Solo superficialmente una canzoncina da canticchiare e basta. Viene vomitata l’insoddisfazione dei due artisti, i propri demoni, le ipocrisie con cui hanno a che fare, le gabbie che si sono costruiti, le colpe impossibili da espiare. È troppo per Sanremo, che sembra più pronta ad accogliere Achille Lauro e non un testo del genere. A discapito poi di un ritornello orecchiabile, ma non orecchiabile come vuole Sanremo. Orecchiabile come vuole un club, una situazione diversa e non esposta ai riflettori di un evento di quella portata. E infatti “Sincero” è arrivato ultimo, e non sarebbe potuto essere altrimenti.

Questo suo ultimo lavoro è qualcosa che si distacca rispetto al suo passato, mantenendo sempre in prima linea i suoi riferimenti più chiari, Vasco Rossi e Lucio Battisti, ma oggi va a pescare anche tra altri cantautori italiani: “Come mi pare” va a rifarsi a quel disincanto oramai vintage alla Luca Carboni, “Mi manca”, dove possiamo apprezzare anche la voce di Ermal Meta, sembra un pezzo scritta da Biagio Antonacci in piena crisi esistenziale, “Al paese” ha a che fare con i Baustelle, tra memoria e ritmo incalzante.  C’è quindi un classico Vasco Rossi (“Che ci vuole”), mentre “Un alieno” somiglia a un pezzo di Battisti scritto per un’edizione del ’96 di Sanremo e in “Stupido eh?” il cantautore di Poggio Bustone emerge con grande prepotenza. Di fondo, c’è sempre un disagio tipicamente Bugo, che qui viene declinato in un sistema massimalista e non lo-fi.

Insomma, Bugo prova a farsi conoscere al grande pubblico con Cristian Bugatti, un lavoro piacevole e ben congegnato. E il disguido con Morgan è un po’ un’inquietante manna dal cielo. Vediamo quanto dura, perché ci vuole pochissimo a tornare nel dimenticatoio.

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LA CRITICA

Bugo scrive Cristian Bugatti, un album estremamente piacevole dopo i fatti di Sanremo con Morgan. Sempre ben chiari i propri riferimenti, da Battisti a Vasco Rossi, ma oggi inseriti in un discorso più massimalista e meno Lo-Fi.

VOTO

7/10

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