[Best 2018] Gli album

Il meglio tra gli album di quest’anno

di / 29 dicembre 2018

Anno forse più sommesso rispetto ai precedenti, questo 2018. Il mondo occidentale ha prodotto molto, forse troppo, ha visto la conferma del rap e della trap, in continua ascesa sul mercato.  Ci apprestiamo comunque a entrare nel 2019 lasciandoci alle spalle i Low che sembrano tornare ai fasti di I Could Live In Hope, i Dead Can Dance che continuano la loro sperimentazione e questa volta hanno le sembianze di veri e propri stregoni, Thom Yorke alla prima colonna sonora della sua carriera, Kurt Vile e il suo consolidato eclettismo, Joan As  Police Woman che riesce finalmente a dare il meglio di sé (con qualche piccolissima riserva) e il progetto P-E-O-P-L-E, dove Justin Vernon e Aaron Dessner con Big Red Machine tirano fuori un qualcosa per cui vale la pena strabuzzare gli occhi. In Italia c’è stata la riconferma dei Baustelle con il secondo episodio de L’amore e La Violenza, dell’itpop e la dittatura calcuttiana (guardare Gazzelle), Cosmo con il suo techno-pop trasversale, il rap guidato dal suo nume tutelare, Salmo e, sulla coda, l’assurda tragedia di Corinaldo, dove avrebbe dovuto esibirsi Sfera Ebbasta.
In ordine sparso, ciò che è piaciuto di più alla redazione di musica:

L’amore e la violenza vol.2, dei Baustelle: Francesco Bianconi è, in questo momento, il miglior autore italiano di testi di canzoni. Il dittico L’amore e la violenza lo conferma. Ora i suoi Baustelle si prenderanno una pausa: il vuoto che lasceranno  – sono sempre dolorosi i silenzi dei Baustelle – sarà colmato del nuovo album dei Massimo Volume in uscita nel 2019?

Big Red Machinedei Big Red Machine: Bon Iver è quello che sta portando il cantautorato verso altri orizzonti, mentre Aaron Dessner è una delle menti di uno dei gruppi fondamentali del 2000, i The National. Un progetto che ha queste premesse (P-E-O-P-L-E) non avrebbe potuto non portare qualcosa di buono: Big Red Machine è uno degli ascolti fondamentali del 2018.

Double Negative, dei Low: Solo tre anni fa avevano scritto un grande album come Ones And Sixes. Oggi riescono addirittura a fare meglio. Double Negative è la radiografia della violenza, un’opera imprescindibile in questi anni. Il trio originario di Duluth non scrive mai un album come l’altro: quest’anno è stato il loro anno.

Suspiria, di Thom Yorke: prima colonna sonora firmata dal leader dei Radiohead, Suspiria vive di vita propria anche al di fuori del film di Guadagnino. È stato confermato che nel 2019 Thom Yorke uscirà con un nuovo album solista, ma intanto questa nuova prova è stata superata a pieni voti.

Bottle It In, di Kurt Vile: con quest’ultimo lavoro, spaziando dalla psichedelia al blues, dall’indie rock al country, l’ex socio di Adam Granduciel scrive una delle migliori cose della sua carriera. Fondamentale la collaborazione con Kim Gordon.

Dyonisus, dei Dead Can Dance: la world music del duo anglo australiano si stabilizza su livelli altissimi con Dyonisus. Sarà probabilmente impossibile ricreare le stesse condizioni che hanno portato al loro album totemico, Spleen And Ideal, ma anche nel 2018 i Dead Can Dance proseguono con ferocia il loro percorso, tra alchimia e stregoneria.

Damned Devotion, di Joan as police woman: eccoci, finalmente: la cantautrice statunitense piazza un album notevole. Il pop mischiato al trip pop, seguendo l’insegnamento dei Portishead, fa di Damned Devotion la spinta definitiva per la carriera di Joan Wasser.

Playlistdi Salmo: Salmo è il punto cardinale del rap italiano. Playlist non fa che ribadirlo. La forza espressiva e lirica di quest’ultimo lavoro ha pochi pari dalle nostre parti. Nel 2018, se si cerca l’impegno, probabilmente deve essere cercato da questi lidi.

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